Per un’azienda, di qualunque dimensione essa sia, lo storytelling può rappresentare uno strumento molto prezioso, non solo con l’intento di conquistare nuovi clienti, ma anche in una prospettiva interna. Vi si può ricorrere, per esempio, per beneficiare di spinte motivazionali, ma anche per conferire alla propria organizzazione un po’ di linfa vitale. Gli obiettivi che lo storytelling permette di raggiungere sono molteplici: da un lato la branding communication e il marketing; dall’altro lato, la continuità dei saperi e la creazione di una identità, sia essa individuale o collettiva, grazie a cui le persone possano riconoscersi sia sul lavoro che nella vita di tutti i giorni. Per diventare degli abili storyteller, in grado di influenzare i comportamenti altrui, è indispensabile essere consapevoli delle tecniche della comunicazione verbale e delle tecniche di quella non verbale; occorre, poi, essere esperti di public speaking e di scrittura efficace. Che si sia impegnati a promuovere sé stessi o un’azienda, uno dei risultati che ne derivano è la possibilità di vivere un lavoro intrigante ed emozionante.
Guida alla costruzione di una storia
Ma come si fa a sviluppare una storia di successo? In primo luogo è importante individuare il contesto più appropriato, perché ogni racconto deve essere inserito in un ambiente ad hoc, magari con supporti musicali e visivi. Inoltre, è necessario cercare di raccontare come se a farlo fosse un attore, adoperando la massima carica espressiva di cui è in possesso. Bisogna essere convinti e crederci, insomma. I bravi storyteller sono quelli in grado di attivare lo sharing, e cioè innescare in chi li legge (o in chi li ascolta) il desiderio di condividere la storia con i propri conoscenti. Perché ciò avvenga, la storia deve essere memorabile, tale da poter vivere nel tempo nell’immaginario delle persone.
Il valore dell’autenticità
Essere autentici è importante, ma come si può raggiungere questo obiettivo? Ciò che conta è non dare mai la sensazione che la storia venga narrata con il solo intento di vendere un servizio o un prodotto. Chi ascolta (o chi legge) deve essere messo nelle condizioni di emozionarsi: per questo lo storyteller deve essere bravo a generare empatia. Il target va coinvolto non tanto dal punto di vista razionale, quanto sotto il profilo emotivo. Se poi si è così abili da riuscire a stimolare tutti e 5 i sensi, si può dire che l’obiettivo è raggiunto. Essere convincenti, e quindi persuadere chi ascolta, è possibile solo grazie a una narrazione intrigante, mai aggressiva.
Vietato improvvisare
Come si può intuire da questi consigli, l’improvvisazione non è certo una valida alleata per chi fa storytelling: è essenziale studiare in anticipo il discorso narrativo e scriverlo con la massima attenzione, essendo consci delle proprie intenzioni e dei propri obiettivi sul piano della comunicazione. La cosiddetta economia della narrazione è un’arma vincente: vuol dire riuscire a trasmettere il maggior numero possibile di concetti in breve tempo e con un numero ridotto di parole. Ci si deve esercitare, pertanto, a scrivere un racconto breve, facendo attenzione alla correttezza dell’ordine delle sequenze, sia dal punto di vista temporale che in termini di relazioni causa effetto. Per rendere più semplice il processo di identificazione, occorre trovare il giusto compromesso tra familiarità e originalità: il che è vero non solo per la scelta dell’intreccio, ma anche per i personaggi e il contesto in generale. Riuscirci è possibile solo se si è definito con cura il target a cui ci si vuole rivolgere e se si è capito quale genere di legame si ha in mente di instaurare con il pubblico.
A chi si rivolge lo storytelling al giorno d’oggi
Come si è detto, lo storytelling non si rivolge per forza ai consumatori, ma può essere destinato anche agli interlocutori interni a un’azienda, vale a dire i manager e i dipendenti: è ovvio che, a seconda dei casi, gli obiettivi saranno differenti. Si può ricorrere a una narrazione per motivare i lavoratori, o per illustrare dei cambiamenti che devono essere metabolizzati e potrebbero non essere accettati con facilità. Oppure, un racconto può servire per indicare una prassi a cui attenersi o per informare a proposito di politiche specifiche, magari in riferimento a standard di comportamento che devono essere rispettati. In linea di massima, però, lo storytelling serve a persuadere e a orientare: obiettivi che possono essere raggiunti con declinazioni differenti.
Come si narra con le immagini, i suoni e le parole
Le risorse di cui ci si può servire per una narrazione sono molteplici: le parole, i suoni e le immagini. Le regole della narrazione non provengono solo dalla letteratura, ma anche dalla psicologia e dalla retorica: conoscerle e metterle in pratica vuol dire essere in grado di costruire discorsi altamente persuasivi. La capacità di comunicare è alla base del successo non solo dei propri progetti, ma anche delle proprie relazioni. Non si diventa storyteller dall’oggi al domani, ma c’è bisogno di allenamento e di pratica, anche per maturare la giusta sensibilità che serve per farsi ispirare.
Tutte le possibili declinazioni dello storytelling: la pubblicità e il personal branding
Lo storytelling si può basare su strumenti relazionali, su canali digitali o su formati cartacei. Tanti sono, inoltre, gli ambiti in cui il format narrativo può essere applicato: si pensi alla comunicazione integrata, per esempio, ma anche al personal branding, al brand management o alla pubblicità. Qualunque tipo di narrazione ha il compito di trasmettere dei contenuti, e dei valori ad essi correlati, spesso in maniera semplificata.
Come riconoscere e costruire una storia efficace
La discrezione è uno dei tratti distintivi di una storia di successo. Che cosa vuol dire? In pratica, gli eccessi di dettagli non sono mai redditizi: meno si racconta e più il lettore (o l’ascoltatore) ha la possibilità di riempire i vuoti lasciati con la propria immaginazione. Questo è appagante, perché il target ha l’opportunità di appropriarsi, in un certo senso, della storia: si sente coinvolto e si immedesima, dato che percepisce il racconto come parte della sua vita. Le storie migliori, per altro, sono quelle che non insegnano qualcosa di nuovo, ma confermano la visione del mondo del pubblico a cui sono rivolte: in altre parole, rassicurano i lettori e gli ascoltatori.
Le grandi storie sono rapide
Una narrazione di successo si evolve in modo rapido, nel senso che è in grado di stabilire una sintonia con il pubblico da subito: questo avviene perché non si basa sulla logica e sulla razionalità ma sulle passioni e sulle emozioni. Lo storyteller esperto, poi, sa che non si può piacere a tutti: è meglio identificare una nicchia ben precisa e rivolgersi a un pubblico ristretto. Una tribù, per così dire, che poi gradendo il racconto contribuirà a condividerlo e a diffonderlo, facendo da cassa di risonanza.
L’autenticità e la coerenza
Infine, due ultimi aspetti decisivi per uno storytelling fruttuoso sono l’autenticità e la coerenza: non bisogna mai cercare di mentire al pubblico, o di nascondere una parte della verità, perché prima o poi qualcuno se ne potrebbe accorgere. D’altro canto, è compito delle storie instaurare o consolidare un legame di fiducia tra il narratore e il lettore: e se si vuol ottenere la fiducia bisogna anche impegnarsi per conquistarsela.