Fare emotional branding è un compito da cui non ci si può esimere nell’epoca digitale, poiché questa attività offre la possibilità di farsi notare e di emergere rispetto alla concorrenza. Anche nel marketing l’empatia è diventata importante, come pure la connessione emotiva. In un momento in cui i target passivi sono diventati degli stakeholder attivi, si palesa la necessità di creare una relazione emotiva tra il marchio e i clienti, un legame di familiarità grazie a cui ci si possa differenziare. In un mercato in cui parecchi marchi hanno la capacità di suscitare delle emozioni, la redditività delle aziende passa anche dalla creazione di rapporti emotivi.
A che cosa serve l’emotional branding
Con l’aiuto dell’emotional branding, pertanto, un marchio ha la possibilità di distinguersi rispetto agli altri, in un meccanismo che si traduce nella comparsa di relazioni intrinseche molto forti tra il marchio stesso e i clienti. Nel momento in cui viene a formarsi un rapporto emotivo, si consolida il legame, che diventa quasi impossibile da dissolvere. Di conseguenza la fedeltà al marchio evolve e aumenta, il che vuol dire che i consumatori sono più bendisposti, per esempio a fronte di piccoli difetti dei prodotti o a prezzi più alti di quelli applicati dalla concorrenza. Ma per riuscire a dare vita a un legame solido con i marchi c’è bisogno di un approccio di marketing su misura e fondato sulle insight.
Che cosa vogliono i clienti 3.0
Al giorno d’oggi i consumatori non si accontentano di un semplice prodotto, ma sono in cerca di soluzioni e di emozioni: si tratta di un’esigenza che risulta amplificata per effetto del social media marketing, che spinge a sviluppare relazioni personali con i consumatori. Una buona strategia di marketing, però, da sola non è sufficiente per stabilire un legame emotivo. Il segreto per un piano di emotional branding di successo sta nel mettere le necessità del prodotto dietro a quelle dei clienti, a cui va attribuito il giusto risalto.
Come approcciare l’emotional branding
Nel momento in cui si comunica, si deve pensare di rivolgersi non a dei consumatori, ma a delle persone: questo spostamento di focus implica la creazione di esperienze, che non hanno a che fare unicamente con i prodotti. Non è più il tempo di divulgare solo informazioni: occorre, invece, provare a innescare un dialogo. Non è un caso che l’emotional branding dia il meglio di sé nel momento in cui non ci si rivolge a una massa ma al singolo: ogni individuo è un soggetto con dei desideri, con dei sogni, con una vita. È chiaro che per raggiungere questo obiettivo non si può fare a meno di conoscere in maniera approfondita la propria audience: è indispensabile essere consapevoli dei suoi desideri e, più in generale, della sua identità. Questa è la strada da seguire per riuscire a creare un emotional branding efficace.
La capacità di coinvolgere
La forma di pubblicità più vincente è la condivisione, che ha il duplice pregio di essere gratuita e sincera. Nel momento in cui si diventa virali si può dire di aver vinto: è per questo motivo che occorre esaminare ciò che si è in procinto di creare, affinché possa essere garantita la personalizzazione necessaria. I tasti emotivi come il desiderio di appartenenza e i valori della famiglia sono quelli su cui si deve spingere per convincere le persone a comprare. Sono quelli che Barry Feig, esperto di marketing, ha definito hot buttons: tra questi ci sono la mancanza di tempo e il desiderio di controllo, ma anche la voglia di ottenere di più e meglio, il divertimento come ricompensa e l’eccitazione che deriva dalla scoperta. Come si vede, si tratta di un elenco abbastanza lungo, ed è ovvio che non serve spingere su tutti questi tasti. Al contrario, è essenziale tenere conto del proprio target di riferimento, in modo da focalizzare i propri impegni di branding su non più di 3 o 4 hot buttons.
Lo storytelling
Per fare emotional branding non si può prescindere dallo storytelling: d’altro canto l’arte del racconto sin dai tempi più antichi viene sfruttata per creare dei legami emotivi. Le storie più efficaci si sedimentano nella memoria e vi rimangono a distanza di tempo: questo è l’obiettivo di chi fa business storytelling. E in effetti non conta tanto moltiplicare il numero di informazioni che vengono fornite a proposito di un prodotto o di un marchio, quanto essere in grado di lasciare un forte sentimento. Il cliente che riceve il messaggio deve ricordarsi della sensazione che ha provato. Solo così si è in grado di differenziarsi rispetto ai competitor: essere memorabili è possibile unicamente nel momento in cui si suscitano delle emozioni, di gioia, di commozione, di divertimento o anche di trasgressione.