Quando si parla di brand activism occorre vedere l’azienda come un sistema aperto, coinvolto in modo evidente in una o più cause che hanno una certa rilevanza a livello culturale, politico o sociale.
Tale coinvolgimento non viene semplicemente espresso con le parole ma deve trasparire dal modo in cui l’azienda stessa comunica, le iniziative alle quali da vita (o aderisce) e tutti i progetti realizzati proprio con lo scopo di impegnarsi nelle suddette cause.
Quando un’azienda fa brand activism si assume delle responsabilità ben precise. Non prende decisioni con il fine esclusivo di crescere, ma cerca di raggiungere dei risultati che portano al bene comune. E’ una visione dell’azienda nuova, che esce dalla sfera capitalista alla quale un po’ tutti siamo abituati.
Brand Activism: il sistema aperto per fare impresa
L’azienda a sistema aperto deve entrare in conversazione con soggetti diversi. Possono essere altre aziende, attivisti o istruzioni per esempio. Crea perciò una rete di relazioni non sempre costruite su basi solide, per questo motivo deve lavorare molto sulla diplomazia.
L’azienda continua perciò a rendere disponibili prodotti o servizi con lo scopo di generare un profitto, però ha chiaro qual è il suo ruolo partecipativo in questa rete di relazioni di cui fa parte.
Kotler e Sarkar hanno scritto uno dei primi testi relativi all’attivismo di brand (Brand Activism. From purpose to action) e ritengono che si tratti di una evoluzione ella corporate social responsability, cioè l’insieme dei comportamenti e le attività responsabili che l’impresa adotta in linea con le esigenze ambientali e sociali.
Allo stesso tempo c’è un collegamento anche con l’issue management. Questo termine viene utilizzato quando un brand si impegna a trovare dei temi caldi in linea con il target e prendere una determinata posizione.
Un’azienda che s’impegna quindi con l’attivismo del brand deve:
- Individuare quali sono le cause dove desidera impegnarsi e allo stesso tempo dividono la comunità
- Creare uno schema di priorità delle cause su cui investire tempo e risorse
- Dichiarare i propri valori aziendali e non perdere la coerenza
- Avere una programmazione strategica
- Agire a livello internazionale.
Le aziende oggi se vogliono avere successo e sopravvivere hanno bisogno di schierarsi, di scegliere da che parte stare. Mantenersi neutrali significa probabilmente perdere il consenso del proprio target di riferimento.
Tipologie di attivismo del brand
Non esiste un solo modo di fare brand activism. Ogni azienda deve infatti trovare il proprio posto e costruirsi la propria identità.
A grandi linee possiamo dividere l’attivismo del brand in due gruppi. Da una parte c’è l’attivismo regressivo e dall’altra quello progressivo.
Attivismo regressivo
Normalmente aderiscono al activism brand regressivo le aziende che operano in settori generalmente considerati controversi, come:
- L’industria di tabacco e derivati
- Bevande gassate con tanto zucchero
- Gioco d’azzardo
- Industria dell’alcol
In pratica sono le aziende che perseguono quelle politiche che danneggiano il bene comune, nonostante i tentativi di mimetizzare gli effetti negativi che tali scelte e prodotti hanno sulla salute delle persone e dell’ambiente.
Tali aziende cercano, anche se ormai è un’abitudine persa nella maggior parte dei casi, di vantare benefici che non sono coerenti con i propri prodotti o servizi.
Come per esempio spingere le persone a giocare d’azzardo attraverso pubblicità il cui obiettivo è di convincere che si tratta di un passatempo innocuo, tralasciando completamente l’alto rischio di ludopatia.
Oppure l’industria del tabacco che prima negava completamente gli effetti negativi del tabagismo sulla salute.
Oggi la maggior parte delle aziende che operano in questi settori controversi cercano di migliorare il più possibile la propria reputazione investendo in questioni ambientali o in attività di responsabilità a livello sociale.
Attivismo progressivo
L’attivismo del brand di tipo progressivo invece cerca con i suoi prodotti o servizi di apportare miglioramenti alla collettività e prendono sul serio l’impegno di creare connessioni con lo scopo di apportare un contributo concreto nel miglioramento dei problemi ambientali e sociali.
Si chiama progressivo proprio perché lo scopo è quello di fare continui passi avanti. La maggior parte delle aziende sceglie per esempio di prendere una posizione marcata sulle questioni sociali come quella dell’aborto o dell’immigrazione.
Oppure decidono di rendere pubblica la propria posizione sulle questioni economiche. Possono schierarsi per l’eliminazione del divario retributivo di genere, cioè la differenza che c’è tra il salario annuale medio che percepisce una donna e quello che percepisce un uomo.
Possono schierarsi a favore o contro alcune prese di posizione di alcuni politici rispetto alla migrazione. Oppure rispetto ai problemi ambientali, climatici o i diritti degli animali.
I vantaggi del brand activism
Perché le aziende hanno bisogno di schierarsi? Perché scelgono di partecipare attivamente alle questioni sociali e non si limitano a vendere e promuovere prodotti o servizi?
Oggi il consumatore sente il bisogno di identificarsi con le aziende. Vuole spendere i propri soldi per comprare prodotti o servizi che rispettano la sua visione personale.
Basta pensare alle persone che combattono per i diritti animali. Vogliono comprare i propri cosmetici solo presso quelle aziende che garantiscono prodotti che non sono stati realizzati con derivati animali e nemmeno testati su di loro.
Un brand deve perciò essere più identitario e meno funzionale se vuole ottenere il proprio posto nella sua nicchia di riferimento.
I clienti, spesso seppur inconsciamente, durante il processo decisionale tengono in considerazione fattori come:
- La qualità del prodotto
- Il prezzo
- L’affinità con i valori reali del brand
Strategia o vero attivismo?
Da una parte sembra che la presa di posizione piaccia al consumatore. Dall’altra, se si tengono in considerazione le statistiche, molti credono che le aziende prendono posizione non perché davvero credono in certi valori ma per una questione di business.
E’ vero infatti che la presa di posizione dona una maggior visibilità al brand. Viene di conseguenza il dubbio che si tratti di una strategia commerciale e di base non c’è una reale attenzione verso le questioni che vengono pubblicamente difese.
Per questo motivo il brand activism funziona davvero quando l’azienda sostiene cause che rispecchiano davvero i suoi valori. Può un’azienda che usa un packaging altamente inquinante schierarsi dalla parte della sostenibilità aziendale? In linea teorica si, però non otterrà un riscontro positivo.